Euripide amava parodiare il mito. Non è azzardato sostenere che la versione proposta da Andrea Cosentino, in scena con Simone Castanoed Elisa Marinoni, non fa che portare all'estremo, rendendo ipertrofica la parodia, la dissoluzione del tragico già presente in germe nell'ultimo dei grandi tragediografi greci.
Andrea Cosentino riscrive una sua personalissima versione della Fedra, con innesti da Euripide e Seneca, trame putride da telenovela e chiacchiere da bar, in una rincorsa al tragico che non arriva mai. La rappresentazione si compone e scompone in un patchwork di stili, linguaggi e digressioni, dalla tv verità alla trama da soap opera, dall'attualità morbosa della cronaca nera alla recitazione altisonante.
La vicenda di Fedra è servita in tranci, fatta a brani come il corpo senechiano di Ippolito, in uno stile che rimanda alla rivista e all'avanspettacolo, generi teatrali tanto popolari nelle ambizioni quanto sofisticati negli strumenti, dove l'attore è nudo nel suo rapporto col pubblico, ed è tutto.